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    domenica 29 maggio 2011

    "Grace", Jeff Buckley


    (1994, Genere: Folk-Rock, Cantautoriato)

    Voce d'angelo, figlio d'autore, morte prematura. Gli ingredienti ci sono tutti: Jeff Buckley è quello che potremo definire un amatissimo Artista "maledetto", al pari di Kurt Cobain e Jim Morrison. Ma la definizione è riduttiva. Perché il piccolo Buckley, figlio del talentuoso quanto incompreso cantautore Tim, è molto di più. E con "Grace" ci ha potuto dare solo un assaggio della sua ricchezza espressiva, prima che una morte prematura e misteriosa (o forse no), avvenuta per annegamento, lo portasse via. A noi non rimane che "Grace", uno dei dischi più belli e significativi degli ultimi vent'anni, pubblicato nel 1994 e composto da dieci pezzi: tre cover e sette inediti. Si parte con "Mojo Pin", in cui lo stile appassionato del cantante già risplende con forza, soprattutto grazie a climax di struggente bellezza, uno dei tratti distintivi dei suoi pezzi. E' toccante ma veemente, emozionante ed irrefrenabilmente sentimentale. "Drop down we two to serve and pray to love /born again from the rhythm/screaming down from heaven" ("cadiamo giù noi due per servire e preghiamo per amare/nati di nuovo dal ritmo/che arriva urlante dal paradiso"). In teoria Jeff Buckley non ha inventato nulla, ciò che ha fatto è stato mescolare svariate influenze (come quella di Robert Plant e i Led Zeppelin) e il nuovo stile è venuto fuori da solo; se la magia riesce bene otterrai una funzionale pozione, non un riaffiorare degli ingredienti usati per prepararla. E a lui la magia è riuscita splendidamente, con quella sua innata disposizione a una voce eterea come quella del padre, che ha saputo ben coltivare.

    Arriviamo dunque alla seconda traccia, la nostra "Grace": ruvida, corposa, ardente. Fuoco inestinguibile. E alla ballatona pop-rock "Last Goodbye", intrisa di dolce malinconia. Ascoltandola si capisce quanto Buckley sia preso a modello dalle generazioni di cantautori successive; basti pensare, ad esempio, a Paolo Nutini. Ma questo disco, decadente e romantico, sempre brillante, viene ricordato in tutto il mondo soprattutto per la versione di "Hallelujah" di Leonard Cohen, versione che è divenuta assai più celebre dell'originale, grazie a una voce che sembra essa scolpire e modellare le canzoni cui si accinge. Ma la cover di Buckley non si rifà direttamente alla canzone di Cohen, da cui in effetti si discosta parecchio, ma alla straordinaria interpretazione che ne fece John Cale.
    Altra cover è "Lilac Wine", sottile ed elegante ballata d'altri tempi, di Nina Simone, altro suo punto di riferimento. E "Corpus Christi Carol" (Benjamin Britten), artisticamente ambiziosa e suggestiva nella sua struggente spiritualità. Mentre "So Real" è uno degli episodi più alti del disco per quanto concerne la performance vocale; è un incubo catalizzante e ammaliante che si concretizza in una canzone fatta da turbinii di fantasmi. Poche parole, grandi emozioni. E' questo Jeff Buckley; per quanto lo si cerchi di definire, etichettare, racchiudere convenzionalmente in qualche cosa e in qualche modo, lui è pura emozione. Lo so che questa parola viene utilizzata correntemente così spesso che sembra aver perso ogni senso ormai, ma se ascolterete "Grace" sono certa che vi ricorderete cos'è l'emozione. E vi farà tremare. "Love You Should've Come Over" (http://www.youtube.com/watch?v=YmNR2SgFfUM&feature=fvst) magari vi farà anche commuovere, perché è come vedere un film d'amore, tanto tormentoso quanto passionale. E' la storia di un amore appassito che solo una canzone come questa potrebbe risvegliare.

    "Grace" vede la luce nel 1994, quando il Grunge era già esploso ed era la massima espressione musicale del momento. Solo tre anni prima era infatti uscito l'album da cui questa corrente aveva iniziato a scaturire: "Nevermind" dei Nirvana, e ancora il mondo piangeva il leader della band, Kurt Cobain, scomparso drammaticamente nell'aprile di quel 1994. Il contesto storico di allora ci fa capire quanto "Grace", vortice di ballate folk-rock e cantautoriali, fosse estraneo alle mode del tempo. Anche se "Eternal Life", penultima traccia del disco, è l'eccezione che conferma la regola, con quel riff di chitarra tipico del Grunge. Ad ogni modo, la conclusione dell'album, ancora una volta, sorprende e affascina: la sensualissima ed esotica "Dream Brother" è una vera e propria perla di percussioni travolgenti, musicalmente ed intimamente.
    Canzoni complesse, intimistiche, inquiete, dark ed esagitate. Ma anche molto dirette ed emozionali.

    Raising Girl consiglia l'ascolto di: "Dream Brother".

    "Grace", Jeff Buckley: 8.8

    Artisti simili a Jeff Buckley: Nick Drake, Radiohead, Tim Buckley, Damien Rice, Fiona Apple.

    4 commenti:

    1. E' proprio vero, Grace è uno dei migliori dischi degli ultimi vent'anni.
      Non resta che citare Bono degli U2, che ha definito Jeff "una goccia pura in un oceano di rumore".

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    2. Ho acquistato questo album di recente dopo aver goduto della musica del padre di Jeff,Tim Buckley;C'è poco da dire uno dei migliori album di sempre che nonostante non sia un album innovativo risulta all'ascolto come una ventata di aria fresca. Grande Jeff e complimenti anche a raising girl per la recensione di questo capolavoro

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    3. Buona recensione, eccetto per la parte riguardante il grunge(che, lo ripeto, è uguale spiccicato all'alternative rock, è un genere che non esiste) e l'eccessiva considerazione data ad un album sostanzialmente mediocre e commerciale come Nevermind. Dunque niente che riguardi Jeff, lol

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