L'incipit di "Toy" ha il sapore raffinato ed emozionante

di "
Uncle Floid", che raccoglie appieno la straordinaria eredità di "
Space Oddity" e "
Life on Mars?". In realtà il brano era già apparso su "
Heaten" col titolo di "
Slip Away" ma qui, spogliata da ogni fronzolo, raggiunge il

culmine della bellezza e dell'intensità, diventando l'ennesimo, indimenticabile capolavoro di Bowie. Ma di canzoni che lasciano il segno ce n'è più d'una in questo strano "giocattolo": che si tratti di "
In the Heat of Morning", potente, abrasiva e diretta, o dello straordinario fervore emotivo di "
Shadow Man", o ancora della piacevole title-track o di "
Hole in the Ground" (1970), che anticipa "
Walk on the wilde side" di
Lou Reed. E poi c'è il ritmo febbrile di "
Afraid", che avevamo già sentito identica in "
Heaten" ma che di certo non delude. E' il Bowie degli anni '60 questo, quando era ancora, semplicemente
David Robert Jones, e non un maestro teatrale di musica, la punta di maggiore accensione del pop, l'eclettismo incensurato del rock. E si sente eccome il sound Sixties in quest'album: basti ascoltare la bella "
Baby Loves That Way"; ma forse è proprio questo suo essere immerso nel passato che ha fruttato a "
Toy" la volontà di non essere stato pubblicato per nove anni. E se non ci fosse stata questa "soffiata" in rete probabilmente non l'avremmo mai potuto ascoltare. Certo non è un album commercialmente fruttuoso, ma è pur sempre una raccolta che reca in seno un progetto interessante e coraggioso. E poi è David Bowie, mica pizza e fichi. Del Bowie così come lo abbiamo conosciuto con
Ziggy, teatrale, enfatico ed istrionico, ci sono già tracce in "
I dig Everything" (1966), giusto compromesso tra suoni più spigolosi e altri più armonici. Ci sono anche un paio di episodi non brillanti come lo è l'album nella sua interezza: "
You have got a Habit of Leaving", troppo facilotta e cactchy. Da lui ci si aspetta di più. E "
Jet me Sleep", che niente aggiunge e niente toglie all'album, mentre "
Liza Jane" è il primo giocoso e accattivante singolo di un David Jones diciassettenne e tanto basta per ingolosire l'ascolto (
http://www.youtube.com/watch?v=f5Z9CwgIJCM).
Ciò che arriva subito all'orecchio ascoltando "Toy" è la ponderatezza con cui ogni singolo brano viene magistralmente interpretato e quanto gli arrangiamenti moderni e, soprattutto, la voce matura di Bowie facciano la differenza. Non cambierà la storia della musica, non la riscriverà, non la creerà, perché "Toy" non è "Ziggy Stardust", non è "Hunky Dory", non è "Heroes", non è "Young Americans". Ma è il disco di uno che la Musica l'ha prima creata e ora la reinterpreta. Senza sbavature, senza nei, senza pleonasmi.
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