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    giovedì 7 luglio 2011

    Speciale SYD BARRETT


    Animo lisergico, stralunato, geniale e oscuro. Questo e molto altro è Syd Barrett, capofila dei primi Pink Floyd. Tutti lo ricordano come il "diamante pazzo" ma forse non tutti si sono soffermati ad ascoltare le sue canzoni degli album da solista, quelle torbide e ossessive (come "Rats") e quelle più limpide e apparentemente innocue ("Love Song"), eppure tutte di un'intensità inestricabile. Sono canzoni che fanno ombra, che abbracciano l'ascoltatore, lo ipnotizzano, e poi magari lo gettano per terra, insolenti, anarchiche, inquiete. Niente di particolarmente complesso in realtà, ma molto spontaneo, al punto che talvolta sembrerebbe tutto improvvisato, al punto che certi brani sembrano emanare una luce diversa ogni qualvolta li si sente. Stile che potremmo definire una sorta di fusione tra i Velvet Underground più taglienti e i ritmi acustici di Bob Dylan, anticonvenzionale per natura, puramente psichedelico.
    La storia di Syd, all'anagrafe Roger Barrett, ha inizio il 6 gennaio 1946, a Cambridge, dove nacque, quarto di cinque figli. Iniziò a dedicarsi alla pittura, al disegno e alla scrittura creativa, tanto che si iscrisse alla Art School. Quivi riallacciò il rapporto col chitarrista John Gordon e con David Gilmour. Con quest'ultimo militò in varie band, fino alla formazione dei Pink Floyd, nome ideato da Syd, dall'incrocio dei nomi di Pink Anderson e Floyd Council, due bluesman che amava.
    Il primo lp che i Pink Floyd registrarono fu "The Piper at the Gates of Dawn", uno dei dischi più importanti, singolari e influenti nella storia del Rock Psichedelico; ma il successo spaventa il giovane e fragile Syd, che iniziò ad ammalarsi profondamente. Nessuno sa in realtà di cosa. Depressione, qualche forma di epilessia (come sostenuto da Gilmour), sindrome da personalità border-line, disturbo bi-polare dell'umore...qualsiasi cosa fosse, l'utilizzo elevato di droghe (soprattutto LSD) non fu certo di aiuto. Non riusciva più a suonare ai concerti; si limitava a mettersi in un angolo del palco a scordare la sua chitarra, suonando sovrappensiero una singola nota col plettro, lasciando agli altri membri della band il compito di sostituirlo. Fino all'uscita definitiva dai Pink Floyd, nel 1968. Che corrisponde anche al vero e proprio declino di Syd: il rapporto con droghe e sonniferi sempre più intenso, il rapporto col mondo sempre più alienato.
    Fu però supportato da Roger Waters, Richard Wright e David Gilmour, che intanto aveva sostituito Barrett come voce dei Pink Floyd, nell'incisione del suo primo disco da solista: "The Madcap Laughs", immerso in sonorità psichedeliche e acustiche, vivaci e dark. All'epoca Syd aveva solo 23 anni e i suoi atteggiamenti divennero sempre più bizzarri: iniziò a sostenere di voler diventare medico, come il padre, e ad avere degli atteggiamenti ossessivi e violenti nei confronti della fidanzata. Ma aveva altre canzoni in testa e, convinto da Gilmour, registrò e pubblicò "Barrett", il suo apice creativo, costituito da canzoni zigzaganti, che si barcamenano tra conflitti interiori, lievi sprazzi di ironia, fobie e auto analisi. E' tanto incostante quanto geniale, Barrett. Ma talmente alienato dal mondo da perderlo di vista per sempre.
    Dopo la stroncatura di un noto giornalista, di Syd si persero le tracce, anche se pare si fosse ritirato nella casa materna a Cambridge. Perse capelli e ingrassò, il disagio psicologico ormai si specchiava anche nel fisico, debilitato da una vita corvina e altalenante.

    Intanto i suoi compagni erano divenuti una delle band più importanti e conosciuti della storia del Rock, guidati da Waters e Gilmour, che indirizzarono il sound verso la melodia e il Progressive. Nel 1975 esce l'album "Wish you were Here", dedicato a Syd. Il disco contiene l'omonima canzone e "Shine on you Crazy Diamond", vivissima e struggente, ricca di omaggi a Barrett.

    Dopo una trentina d'anni trascorsi in completa solitudine, Syd Barrett muore il 7 Luglio 2006, a 60 anni. Forse di cancro al pancreas. Ma l'influenza artistica che ha lasciato in eredità è insormontabile e sono in tanti ad amarlo ancora, questo moderno poeta maledetto. Questo novello Baudelaire della Musica che ci guarda attraverso vecchie foto, con sguardo penetrante e al tempo stesso distaccato.

    2 commenti: