(1974, Genere: Glam Rock)
"This ain't Rock'n'Roll. This is Genocide". 1974. Ennesima avventura del pluritrasformista David Bowie, stavolta ispirato da "Ragazzi selvaggi" di William Borroughs e "1984" di George Orwell. Vorrei iniziare con una considerazione, dicendo che in tutti gli album del Duca Bianco è possibile riconoscere una costante comune: la dicotomia futuro-passato è suggellata da una piena armonia, in cui questi aspetti fondamentali della sua musica convivono completandosi l'un l'altro. Perché lo slancio avveniristico è marcatissimo in Bowie più che in qualunque altro artista musicale, ma non c'è futuro senza passato. E ne è la prova il fatto che qui il cantante sembra piuttosto occupato nel ricercare la modulazione perfetta, manieristica e quasi ridondante della voce (e ci è certamente riuscito), cosa a cui non ci aveva abituato prima, pur avendo sempre sfoggiato grandi doti vocali ed interpretative. Ma il progetto è ambientato in un ipotetico e quanto mai vicino futuro post catastrofe atomica.
"
Diamond Dogs" è composto da 11 ottime canzoni, ma "
Future Legend" in realtà può essere letta come una vera e propria introduzione a questo concept album. Fino alla track 5 parrebbe quasi di ascoltare un'unica lunghissima canzone: "
Diamond Dogs" inizia tra schiamazzi e applausi e si prolunga più del necessario, ma un po' di rock'n roll duro e crudo, anche se in stile
Rolling Stones, non fa mai male. Cadenzata, si fa strada "
Sweet Things", in cui vengono accentuati molto sia i toni bassi (
Brian Molko prende appunti) sia quelli alti e potenti; si tratta di un brano old style, ma il reprise si apre ad una conclusione futuristica. (
http://www.youtube.com/watch?v=BQvmmRHPiYA). E' "
Rebel Rebel" a svoltare pagina, ambigua e sbarazzina, ottima per l'hit parade, fu infatti il brano anticipatore dell'album. Il brano che racchiude un'intera generazione, bowiana e non solo. Quando il giovane
David Robert Jones iniziò ad appassionarsi alla musica, il suo obiettivo fu dapprima quello di diventare "
l'Elvis britannico", e in "
Rock'n Roll with me" il sogno s'avvera grazie a una ballad intensa in pieno stile rock'n' roll, tanto per cambiare. Ma è con "
We are the dead" che compare una sorta di interessante asincronia tipica del Bowie più famoso, con tanto di controcori sul finale. A tratti sì, un po' macabra. Forse troppo lungo il testo. Il bello del Duca Bianco è che
riesce sempre a trasfigurare se stesso in ogni canzone, riuscendo a sprigionare fascino irresistibile anche in una canzone come "
1984" attraente e ambiziosa, ma in fondo non originale. La ripetizione ossessiva del titolo sul finale non può non rimandare alla mente il monito disperato di "
Five years".
I due brani che concludono "Diamond Dogs" sono assolutamente diversi tra loro: da una parte la trascinante"Big Brother", con interessanti giochi vocali nel bridge, dall'altra la sperimentale "Chant of the Ever Circling Skeletal Family", simile in qualche modo nello stile a "Fascination", ma meno gradevole all'ascolto.
Album importante e interessante; forse l'orecchiabilità estrema di "Rebel Rebel" farà storcere il naso ai rocker e ai bowiani più puristi, ma nessuno che si sia avvicinato a David Bowie per il suo controverso e indiscutibile fascino potrà rimanere deluso da "Diamond Dogs".
La bizzarra figura fulva che campeggia in copertina (illustrata da Guy Peellaert), rappresenta Bowie metà uomo, metà cane, ed è già un presagio dell'oscuro e disorganico contenuto di questo intrigante lavoro musicale.
"Diamond Dogs", David Bowie: 7.5
Artisti simili a David Bowie: Lou Reed & Velvet Underground.
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